Padre Carlo Messori Roncaglia, sj (20.1.1904-15.8.1996)
Non è una cosa semplice fare una sintesi, o anche solo dare un’idea di una vita lunga e complessa come quella di padre Messori, contrassegnata da una molteplicità di iniziative assai diverse tra loro, a cui egli sempre imprimeva il segno della sua intelligente genialità.
Nato a Modena nel gennaio del 1904, lascio a ventun’anni la città natale, laureando in giurisprudenza presso la locale università, per seguire la chiamata di Dio al suo servizio nella Compagnia del Gesù. In essa percorrerà con grande impegno e profitto tutto l’iter spirituale e culturale comune ai gesuiti. Consegue prima la laurea in filosofia presso l’università Gregoriana di Roma (1929), quindi la laurea in lettere e filosofia presso l’Università statale di Padova (1932), e ottiene l’abilitazione per l’insegnamento dell’italiano, del latino e storia nei licei. Nel 1932-33 lo troviamo a Gorizia insegnante di lettere e matematica in Carissimato ed elementi di latino ai novizi. Dal 1933-36 è a Chieri (TO) per il Corso teologico; nel 1935 viene ordinato sacerdote e l’anno seguente consegue il dottorato di teologia presso quella Facoltà. Nel 1936-37 fa il suo terz’anno di probazione a Firenze e poi torna a Padova dove gli viene affidata la direzione della Scuola di religione, e l’anno seguente è nominato Rettore dell’Antonianum, carica che ricoprirà per un decennio.
In esso si inserisce la parentesi della guerra in cui è chiamato (1940-43) come cappellano militare di marina, prima nel Dipartimento di Basso Tirreno con base a Napoli, quindi nella base militare di sommergibili Betasom. Qui volle, “caso unico in tutta la marina impegnata nell’ultimo conflitto, prendere parte ad una missione di guerra”: furono ottanta i giorni trascorsi in pieno oceano, con messa quotidiana a oltre 100 metri di profondità, e il rischio continuo di attacco del nemico. La sua dedizione al dovere ebbe pubblici riconoscimenti e varie decorazioni. Rientrato dopo l’8 settembre del ’43 è nominato cappellano del Comando Militare Volontari della Libertà e collabora attivamente alla Resistenza e alla Liberazione.
Dopo il decennio di rettorato lo troviamo per un altro decennio (1948-58) direttore del Collegio universitario e preside degli studi; senza dimenticare che in tutti questi anni egli è pure direttore della Congregazione Mariana Professionisti e Assistente degli ex alunni. Inoltre dal 1945 al 1953 la Pontificai Opera Assistenza (POA) lo nomina Delegato per il Triveneto per assistere le popolazioni colpite dalla disastrosa alluvione del Delta del Po.
Nel 1958 l’intuizione sociale e il suo coraggio nativo lo porta ad aprire un nuovo fronte di lavoro apostolico: il Centro Italiano Relazioni Umane (CIRU): egli diventa subito Direttore del Centro Studi di Roma e della rivista ERREU (Relazioni Umane) diffusa in più di ventimila copie. Negli ultimi decenni farà il pendolare tra Padova e Roma, spendendo fino alla fine le sue energie e la sua intelligenza in questa attività, coadiuvato da un gruppo di amici e collaboratori laici.
È chiamato di nuovo , nel 1969, a essere Rettore dell’Antonianum e si impegna a consolidare molteplici attività che ad esso fanno capo. Particolare cura dedica alle iniziative culturali con cicli di conferenze, portando all’Antonianum i più bei nomi della nostra cultura, e delle attività degli ex alunni, sfruttando al massimo il nuovo salone-teatro, da lui già fatto costruire in via Briosco. Ricordare tutte le personalità con cui è venuto in contatto è un’impresa ardua; certo è che sotto la sua guida il Collegio conobbe alcuni anni di splendida floridezza e indubbia incisività.
Fu molto apprezzato per la sua predicazione un’oratoria calda e convincente, che rifletteva la sua tempra interiore e aveva un forte impatto sugli uditori, specialmente intellettuali e professionisti. Molto frequentata la sua Messa del Professionista che per molti anni celebrò ogni domenica nella chiesa di San Gaetano. Un’oratoria che si rifaceva al suo maestro, padre Alessandro Magni e per merito del quale papa Giovanni XXIII, nel novembre del 1958, lo chiamò a predicare gli esercizi spirituali in Vaticano. La sua conversazione era sempre contraddistinta da chiarezza di obiettivi, da un certo piglio deciso e sbrigativo, e da quella calorosa cordialità che lo rendevano capace di amicizie durature e profonde. Era problematico contraddirlo, ma era assai facile trovarsi spesso all’unisono con le sue tesi.
Stralciamo alcuni passi della commemorazione che ne ha fatto il padre Luigi Pretto (per lunghissimi anni suo fedele collaboratore) durante la cerimonia funebre tenuta all’Antonianum di Padova: “Una lunga vita occupata, a volte fino allo spasimo, nel rincorrere se stesso, volutamente impegnato in luoghi e tempi simultaneamente impossibili […]a combattere la mediocrità, a condurre imprese difficili […], a sperimentare i quattro volti del gesuita con una interpretazione robusta, mai meschina, su un retroterra di convincimenti dedotti da un’ascetica ignaziana non verbalizzata ma fattiva […]. Le sue manifestazioni sobrie, quasi a impedire una confidenza eccessiva, avevano la tonalità del manager che non accetta stanchezze, pigrizie, titubanze, ed era fatale che il suo passo fosse talora troppo veloce e suscitasse apprezzamenti discordanti. Ricercatore attento alle moderne sensibilità e degli attuali ostacoli alla vita cristiana, presentava agli angoli della sua personalità fortemente ancorati al passato. Non c’è dubbio che egli abbia vissuto con sofferenza le inevitabili vicissitudini di cui la nostra stagione è carica, nei movimenti religiosi e nei cambiamenti di stile […]. La sua spiritualità aveva punti di riferimento ma messi in discussione e mai cambiati: la celebrazione della santa Messa come primo atto della giornata; non ha mai avuto fretta e non ha mai abbreviato il suo ringraziamento , chiunque fosse ad attenderlo. E nel pomeriggio , la recita del divino Ufficio davanti alla “ sua Madonna”: forse anche per questo è venuta Lei a prenderlo nel giorno della Sua festa (15 agosto).”
Dove è passato ha lasciato sempre una traccia di sé, talora anche segni indelebili nel campo religioso, morale, culturale. La sua lunga vita ricopre quasi interamente gli anni che formano il XX secolo (eccetto i primi e gli ultimi quattro), e ne rispecchiano gli aspetti multiformi: sempre religioso esemplare, maestro convincente, protagonista ardito. Proprio come Ignazio voleva i suoi “compagni”.